mercoledì 21 dicembre 2016

L'importante non è la meta ma il VIAGGIO: Il Libro sulla Transpyrenea 2016









mercoledì 7 dicembre 2016

MAHATMA GANDHI - Insegnamenti sulla Pace

Mahatma Gandhi, (grande anima)
Insegnamento 1: Il potere è di due tipi: uno si ottiene dalla paura della punizione e l'altro da atti d'amore. 
Il potere basato sull'amore è mille volte più efficace e permanente da quello derivato dalla paura della punizione. La forza non vince mai contro il potere dell'amore. In questo momento di grande fermento e agitazione nel mondo, la più grande forza da non sottovalutare è quella che viene dall'amore.
Insegnamento 2: Che differenza c'è tra morti, orfani, e senzatetto, se la folle distruzione passa sotto il nome di totalitarismo o sotto quello di libertà e democrazia?
Una guerra infligge sempre dolore e sofferenza per tutti. La storia ha visto innumerevoli esempi di dittatori che hanno portato distruzione sul nostro mondo. Un mondo di pace può essere raggiunto se impariamo il potere della non violenza. Quest'ultimo ha dimostrato che possiamo raggiungere libertà, giustizia e democrazia per l'umanità senza uccidere nessuno, senza rendere alcun bambino orfano e senza privare nessuno della propria casa per colpa dei danni causati dalla guerra.
Insegnamento 3: Ci sono molti motivi per cui io sono pronto a morire, ma nessuna per cui io sia pronto a uccidere. Al centro della nostra esistenza c'è il nostro innato desiderio di vivere una vita tranquilla. La più grande e nobile causa deve essere solo quella di portare la pace in questo mondo anche offrendo il proprio sacrificio invece del dolore altrui.
Insegnamento 4: Occhio per occhio servirà solo a rendere cieco tutto il mondo. Non importa dove viviamo, quale religione professiamo o qual è la cultura che coltiviamo: al centro di tutto siamo tutti esseri umani.
Insegnamento 5: Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo. Non si può portare la pace nel mondo a tutti a meno che un leader politico non dimostri di cambiare in prima persona. Ciò vale per tutti, non solo per i rappresentanti politici.
Insegnamento 6: Nessuna civiltà potrà essere considerata tale se cercherà di prevalere sulle altre.
Insegnamento 7: La non violenza è la più forte arma mai inventata dall'uomo.
Insegnamento 8: Se potessimo cancellare l'«Io» e il «Mio» dalla religione, dalla politica, dall'economia saremmo presto liberi e porteremmo il cielo in terra. 
Insegnamento 9: Il giorno in cui il potere dell’amore supererà l’amore per il potere il mondo potrà scoprire la pace.
Insegnamento 10: Non conosco peccato più grande di quello di opprimere gli innocenti in nome di Dio.
“Il modo migliore per ritrovare se stessi è perdersi al servizio degli altri”.
                                                                                          MAHATMA GANDHI

Il discorso di Malala per il Nobel

Vostre Maestà, illustri membri del comitato per il Nobel, cari fratelli e sorelle, oggi è un giorno di grande gioia per me, sono onorata che il comitato del Nobel mi abbia scelto per questo prezioso premio. Grazie a tutti per il vostro sostegno duraturo e per l’affetto. Sono grata per le lettere che ricevo da tutto il mondo. Leggere le vostre parole cordiali di incoraggiamento mi rafforza e mi ispira.

Vorrei ringraziare i miei genitori per i loro amore incondizionato. Grazie a mio padre per non aver tarpato le mie ali e avermi lasciato volare. Grazie a mia madre per avermi insegnato a essere paziente e a dire sempre la verità – quello che crediamo essere il vero messaggio dell’Islam.

Sono molto orgogliosa di essere la prima pashtun, la prima pachistana e la prima giovane a ricevere questo premio. Sono abbastanza sicura di essere anche la prima vincitrice del Nobel che ancora litiga con suo fratello minore. Vorrei che ci fosse pace ovunque, ma io e i miei fratelli abbiamo ancora del lavoro da fare su quel fronte.

Sono onorata anche di ricevere questo premio con Kailash Satyarti, che è stato un campione dei diritti dei bambini per parecchi anni. A dirla tutta, il doppio degli anni che ho io adesso. Sono grata del fatto che possiamo essere qui insieme e mostrare al mondo che un’indiana e un pachistano possono stare insieme in pace e lavorare insieme per i diritti dei bambini.

Cari fratelli e sorelle, i miei genitori mi hanno dato il nome della “Giovanna d’Arco” pashtun, Malalai di Maiwand. La parola Malala vuol dire “colpita da un lutto”, “triste”, ma per aggiungere allegria al nome i miei genitori mi chiamano sempre “Malala, la ragazza più felice del mondo” e sono molto felice che insieme stiamo sostenendo una causa importante.

Questo premio non è solo per me. È per i bambini dimenticati che vogliono un’istruzione. È per i bambini spaventati che vogliono la pace. È per i bambini senza voce che vogliono il cambiamento. Sono qui per i loro diritti, per dare loro voce… Non è il momento di averne compassione. È il momento di agire, per fare in modo che sia l’ultima volta che a dei bambini è sottratta l’istruzione.

Ho notato che le persone mi descrivono in molti modi. Alcuni mi chiamano la ragazza cui i talebani hanno sparato. Alcuni la ragazza che ha combattuto per i suoi diritti. Altri, ora, mi chiamano la premio Nobel. Per quanto ne so io, sono sono una persona impegnata e testarda che vuole che ciascun bambino abbia un’istruzione di qualità, che vuol pari diritti per le donne, che vuole la pace in ogni angolo del mondo.

L’istruzione è una delle benedizioni della vita – e una delle sue necessità. Me lo dice l’esperienza dei miei 17 anni di vita. A casa mia nella valle di Swat, nel nord del Pakistan, ho sempre amato la scuola e imparare cose nuove. Ricordo quando io e i miei amici ci decoravamo le mani con gli henna(decorazioni floreali, ndr) per le occasioni importanti. Invece di disegnare dei fiori e motivi geometrici, usavamo le formule matematiche e le equazioni.

Avevamo sede di conoscenza perché il nostro futuro era lì, in classe. Ci sedevamo e studiavamo e imparavamo insieme. Adoravamo indossare i nostri grembiuli puliti e stare lì seduti con grandi sogni negli occhi. Volevamo rendere orgogliosi i nostri genitori e dimostrare che potevamo eccellere negli studi e ottenere cose che secondo alcuni solo i ragazzi possono fare.

Le cose sono cambiate. Quando avevo dieci anni Swat, un posto di bellezza e turismo, è diventato improvvisamente un luogo di terrore. Più di 400 scuole sono state distrutte. Alle ragazze è stato impedito di andare a scuola. Le donne sono state picchiate. Innocenti sono stati uccisi. Tutti abbiamo sofferto. I nostri bei sogni sono diventati incubi. L’istruzione da diritto e diventato crimine.

Ma quando il mondo è cambiato, anche le mie priorità sono cambiate. Avevo due opzioni. Stare zitta e aspettare di venire uccisa. O parlare e venire uccisa. Ho deciso di parlare. I terroristi hanno provato a fermarci e il 9 ottobre del 2012 hanno attaccato me e i miei amici. Ma i loro proiettili non potevano vincere. Siamo sopravvissuti. E da quel giorno le nostre voci si sono fatte più forti.

Racconto la mia storia non perché sia unica, ma perché non lo è. È la storia di molte ragazze. Oggi racconto anche le loro storie. Ho portato con me a Oslo alcune delle mie sorelle, che condividono la mia storia: amiche dal Pakistan, la Nigeria e la Siria. Le mie coraggiose sorelle Shazia e Kainat Riaz che quel giorno a Swat sono state colpite dai proiettili con me. Anche loro hanno attraversato un tragico trauma. E la mia sorella Kainat Somro dal Pakistan, che ha sofferto violenze estreme e abusi, fino all'uccisione di suo fratello, ma non ha ceduto.

E ci sono ragazze come me, che ho incontrato durante la campagna per il Fondo Malala, che oggi sono come sorelle per me: la mia coraggiosa sorella sedicenne Mezon, dalla Siria, che oggi vive in Giordania in un campo profughi e va di tenda in tenda per aiutare i bambini a studiare. E la mia sorella Amina, dal nord della Nigeria, dove Boko Haram minaccia e rapisce le ragazze, solo perché chiedono di andare a scuola.

Potrò sembrarvi una sola ragazza, una sola persona, per di più alta neanche un metro e sessanta coi tacchi. Ma non sono una voce solitaria: io sono tante voci. Sono Shazia. Sono Kainat Riaz. Sono Kainat Somro. Sono Mezon. Sono Amina. Sono quei 66 milioni di ragazze che non possono andare a scuola.

La gente spesso mi chiede perché l’istruzione sia così importante per le ragazze. Rispondo sempre la stessa cosa. Dai primi due capitolo del Corano ho imparato la parola Iqra, che vuol dire “leggere”, e la parola nun wal-qalam, che vuol dire “con la penna”. Per questo, come ho detto lo scorso anno alle Nazioni Unite, «un bambino, un maestro, una penna e un libro possono cambiare il mondo».

Oggi in mezzo mondo vediamo rapidi progressi, modernizzazione e sviluppo. Ma ci sono paesi dove milioni di persone soffrono ancora dai vecchi problemi della fame, della povertà, delle ingiustizie, dei conflitti. In questo 2014 ci viene ricordato che è passato un secolo dalla prima guerra mondiale, ma ancora non abbiamo imparato la lezione che ci viene dalla morte di quei milioni di vite cent’anni fa.

Ci sono ancora guerre in cui centinaia di migliaia di innocenti perdono la vita. Molte famiglie sono diventate profughe in Siria, a Gaza, in Iraq. Ci sono ancora ragazze che non sono libere di andare a scuola nel nord della Nigeria. In Pakistan e in Afghanistan vediamo persone innocenti che muoiono in attacchi suicidi ed esplosioni di bombe. Molti bambini in Africa non hanno accesso all'istruzione per la povertà. Molti bambini in India e in Pakistan sono deprivati del loro diritto all'istruzione per tabù sociali, o perché sono stati costretti a lavorare o, le bambine, a sposarsi.

Una delle mie migliori amiche a scuola, della mia stessa età, è sempre stata una ragazza coraggiosa e fiduciosa: voleva diventare medico. Ma il suo sogno è rimasto un sogno. A 12 anni è stata costretta a sposarsi e ha avuto un figlio quando era lei stessa ancora una bambina, a quattordici anni. Sono sicura che sarebbe stata un ottimo medico. Ma non ha potuto diventarlo, perché è una ragazza.

La sua storia è il motivo per cui devolvo i soldi del premio Nobel al Fondo Malala, per aiutare le ragazze di tutto il mondo ad avere un’istruzione di qualità e per fare appello ai leader ad aiutare le ragazze come me, Mezun e Amina. Il primo luogo dove andranno i soldi e il paese dove sta il mio cuore, il Pakistan, per costruire scuole, specialmente a Swat e Shangia.

Nel mio villaggio non c’è ancora una scuola superiore per ragazze. Voglio costruirne una, perché i miei amici possano avere un’istruzione – e con essa l’opportunità di raggiungere i loro sogni. Comincerò da lì, ma non mi fermerò lì. Continuerò questa battaglia finché ogni bambino non avrà una scuola. Mi sento più forte dopo l’attacco che ho subito, perché so che nessuno può fermarmi, fermarci, perché siamo milioni e siamo uniti.

Cari fratelli e sorelle, le grandi persone che hanno realizzato dei cambiamenti – come Martin Luther King e Nelson Mandela, Madre Teresa e Aung San Suu Kyi – un giorno hanno parlato da questo palco. Spero che anche i passi intrapresi da me e da Kailash Satyarti finora, e quelli che ancora intraprenderemo, possano realizzare un cambiamento, e un cambiamento duraturo.

La mia grande speranza è che questa sia l’ultima volta che dobbiamo combattere per l’istruzione dei bambini. Chiediamo a tutti di unirsi e sostenerci nella nostra battaglia, per poter risolvere questa situazione una volta per tutte. Come ho detto, abbiamo già fatto molti passi nella giusta direzione. Ora è il momento di fare un balzo in avanti.

Non serve dire ai leader quant'è importante l’istruzione: lo sanno già, i loro figli sono nelle migliori scuole. È ora di dirgli che devono agire, adesso. Chiediamo ai leader del mondo di unirsi e fare dell’istruzione la loro priorità numero uno.

Quindici anni fa i leader del mondo decisero di fissare dei traguardi globali, i Millennium Development Goals. Nei prima anni successivi abbiamo visto dei progressi. Il numero di bambini esclusi da scuola è stato dimezzato. Ma il mondo di concentrò solo sull'istruzione primaria, e i miglioramenti non toccarono tutti.

L’anno prossimo, nel 2015, rappresentati di tutti i paesi si vedranno alle Nazioni Unite per fissare dei nuovi traguardi, i Sustainable Development Goals. Sarà l’occasione per fissare le ambizioni della prossima generazione. I leader devono cogliere quest’opportunità per garantire un’istruzione primaria e superiore gratuità e di qualità a ciascun bambino. Alcuni dicono che sia poco fattibile, o troppo costoso, o troppo difficile. O persino impossibile. Ma è il momento che il mondo pensi in grande.

Cari fratelli e sorelle, il cosiddetto mondo degli adulti può anche capire queste obiezioni, noi bambini no. Perché nazioni che chiamiamo grandi sono così potenti nel provocare guerre, ma troppo deboli per la pace?Perché è così facile darci una pistola, ma così difficile darci un libro? Perché è così facile costruire un carrarmato, ma costruire una scuola è così difficile?

Viviamo nel mondo moderno, nel ventunesimo secolo, e crediamo che nulla è impossibile. Possiamo raggiungere la luna, forse a breve atterreremo su Marte. Per questo, in questo ventunesimo secolo, dobbiamo essere determinati a far realizzare il nostro sogno di un’istruzione di qualità. Realizziamo uguaglianza, giustizia e pace per tutti. Non solo i politici e i leader del mondo, ma tutti dobbiamo fare la nostra parte. Io. Voi. È nostro dovere.

Dobbiamo metterci al lavoro, non aspettare. Chiedo ai ragazzi come me di alzare la testa, in tutto il mondo. Cari fratelli e sorelle, diventiamo la prima generazione a decidere di essere l’ultima: classi vuote, infanzie perdute, potenziale perduto, facciamo in modo che queste cose finiscano con noi.

Che sia l’ultima volta che un bambino o una bambina spendono la loro infanzia in una fabbrica.
Che sia l’ultima volta che una bambina è costretta a sposarsi.
Che sia l’ultima volta che un bambino innocente muore in guerra.
Che sia l’ultima volta che una classe resta vuota.
Che sia l’ultima volta che a una bambina viene detto che l’istruzione è un crimine, non un diritto.
Che sia l’ultima volta che un bambino non può andare a scuola.


Diamo inizio a questa fine. Che finisca con noi. Costruiamo un futuro migliore proprio qui, proprio ora. 

Grazie.

Discorso ai bambini di Papa Francesco sulla Pace

Fondazione Fabbrica della pace

CITTA' DEL VATICANO

"Perché tanti potenti non vogliono la pace? Perché vivono delle guerre". 
"vende le armi all'uno contro l'altro e poi anche all'altro contro il primo". Dietro le guerre, c'è sempre anche "l'industria delle armi". 
"Questo è grave: alcuni potenti guadagnano la vita con la fabbrica delle armi e le vendono a questo Paese perché vada contro quello... E' l'industria della morte".
"Voi sapete che è la cupidigia che ci fa tanto male. La voglia di avere di più, di più, più denaro. E quando noi crediamo che tutto gira intorno al denaro". 
"Il sistema economico gira intorno al denaro, non intorno alla persona, all'uomo e alla donna: si sacrifica tanto e si fa la guerra per difendere il denaro". 
"Per questo tanta gente non vuole la pace: si guadagna di più con la guerra. Si guadagnano i soldi, ma si perde la vita, si perde la cultura, l'educazione e tante altre cose. Un anziano prete che conoscevo diceva questo: 'il diavolo entra per il portafogli'. Per la cupidigia, ed è per questo che tanti non vogliono la pace".

"si costruisce ogni giorno: pace non è che non ci siano le guerre, con dolore ci sono, pensiamo se un giorno non ci saranno le guerre: per non cadere in un'altra guerra, si costruisce la pace ogni giorno. La pace non è un prodotto industriale, la pace è un prodotto artigianale, si costruisce ogni giorno con il nostro lavoro, la nostra vita, il nostro amore, la nostra vicinanza, il nostro volerci bene. La pace si costruisce ogni giorno".

D - "cos'è la pace?", 
R - "Ma sei stato bravo!, La pace è prima di tutto che non ci siano le guerre, ma anche che ci sia la gioia, l'amicizia tra tutti, che ogni giorno si faccia un passo avanti per la giustizia, perché non ci siano bambini affamati, malati che non abbiano la possibilità di essere aiutati nella salute. Fare tutto questo è fare la pace. La pace è un lavoro, non è uno stare tranquilli, lavorare perché tutti abbiano la soluzione ai problemi, ai bisogni che hanno nella loro terra, nella loro patria, nella loro famiglia, nella loro società: così si fa la pace, artigianale".

D - "un giorno saremo tutti uguali?"
R - "Si può rispondere in due maniere: tutti siamo uguali, tutti, ma non ci riconoscono questa verità, questa uguaglianza. E per questo alcuni sono, tra virgolette, più felici degli altri. Ma questo non è un diritto, tutti abbiamo gli stessi diritti e quando non si vede questo, la società è ingiusta. E dove non c'è la giustizia, non può esserci la pace".

D - "Perché i bambini soffrono?"
R - "Questa domanda è una delle più difficili a cui rispondere. Non c'è risposta".
"C'è stato un grande scrittore russo, Dostoevskij, che aveva fatto la stessa domanda: 'perché soffrono i bambini?'. E lì, si può solo guardare al cielo e aspettare risposte che non si trovano".
"Cosa posso fare io perché un bambino soffra di meno: stargli vicino, la società dia aiuti anche palliativi per le sofferenze dei bambini, si sviluppino l'educazione dei bambini verso le malattie. Bisogna lavorare tanto".

                                              "dove non c'è la giustizia, non può esserci la pace"
                                                                                                Francesco

martedì 6 dicembre 2016

Aung San Suu Kyi, il discorso da premio Nobel per la pace


Aung San Suu Kyi, il discorso per il Nobel per la pace


 “la pace assoluta è un obiettivo irraggiungibile, ma dobbiamo continuare a perseguirlo come un viaggiatore nel deserto tiene fissa una stella come punto di riferimento”. 
“Bisogna credere in un mondo senza sfollati, senzatetto e persone che hanno perso la speranza”.
“In definitiva il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di creare un mondo libero dai profughi, i senza tetto e i senza speranza, un mondo di cui ogni angolo è un vero santuario dove gli abitanti avranno la libertà e la capacità di vivere in pace. Ogni pensiero, ogni parola e ogni azione che si aggiunge di positivo e di buono è un contributo alla pace. Ognuno di noi è in grado di fornire il proprio contributo. Uniamo le mani per cercare di creare un mondo di pace dove si può dormire in sicurezza e risvegliarsi nella felicità”.

                                            

                                                           Aung San Suu Kyi

martedì 29 novembre 2016

Tutte le religioni cercano di promuovere la pace mondiale - Dalai Lama

DAL LIBRO "CONOSCI TE STESSO" del Gyatso Tenzin (Dalai Lama)


I principi che ho citato finora concordano con gli insegnamenti etici di tutte le religioni del mondo. Ritengo che buddhismo, cristianesimo, confucianesimo, induismo, islamismo, giainismo, ebraismo, sikhismo, taoismo e zoroastrismo considerino l’amore come un ideale, puntino a elevare l’umanità grazie alla pratica spirituale e si sforzino di rendere i loro seguaci persone migliori. 

- Tutte le religioni insegnano precetti morali per il progresso della mente, del corpo, della parola e dell’azione: non mentire, non rubare, non uccidere e così via. L’assenza di egoismo è il fondamento comune posto da tutti i grandi maestri spirituali. È a partire da qui che costoro vogliono allontanare i loro seguaci dalle azioni dannose causate dall'ignoranza e indirizzarli sulla via del bene. 

- Tutte le religioni concordano sulla necessità di domare la mente indisciplinata, fonte di egoismo e di altri problemi, indicando il modo per raggiungere una condizione spirituale pacifica, disciplinata, etica e saggia. In questo senso ritengo che esse esprimano essenzialmente uno stesso messaggio. Ciò non toglie, comunque, che si accendano dibattiti infiniti quando le differenze religiose nascono da dogmi e differenze culturali. 
È tuttavia preferibile dare sempre più spazio, nella vita quotidiana, al bene che tutte le religioni insegnano, anziché discutere delle piccole differenze di metodo. Ci sono molte religioni che vogliono portare benessere e felicità agli esseri umani, così come ci sono molte terapie per una particolare malattia. 

- Tutte le religioni si sforzano di aiutare gli esseri viventi a evitare la sofferenza e a trovare la felicità. Pur essendo possibile che ognuno di noi preferisca un determinato approccio religioso rispetto a un altro, ci sono ragioni molto più forti a favore dell’unità, derivanti da desideri comuni a ogni cuore umano. 

- Ogni religione si adopera per diminuire la sofferenza e per dare un suo contributo al mondo; la conversione non è un elemento essenziale. Io non penso a convertire gli altri al buddhismo o a difendere semplicemente la causa del buddhismo. 
Penso, invece, a come, da buddhista, posso contribuire alla felicità di tutti gli esseri viventi. Nel sottolineare le somiglianze di fondo tra le varie religioni del mondo, non intendo sostenere una nuova «religione mondiale». 

- Tutte le religioni sono necessarie per arricchire l’esperienza umana e la civiltà mondiale. La mente umana, con tutte le sue varietà, ha bisogno di approcci specifici per raggiungere la pace e la felicità. Lo stesso accade con le varietà del cibo. 
Alcuni trovano più attraente il cristianesimo; altri preferiscono il buddhismo poiché non postula un creatore e ogni cosa dipende dalle azioni dell’individuo. Lo stesso si potrebbe sostenere per altre religioni. 
La conseguenza è evidente: l’umanità ha bisogno di tutte le religioni del mondo, adatte a stili di vita e a bisogni spirituali diversi, e a tradizioni nazionali tramandatesi nel tempo. 
È a partire da tale prospettiva che accolgo con soddisfazione gli sforzi che vengono compiuti in varie parti del pianeta per una migliore comprensione tra religioni diverse. 
Si tratta di una necessità particolarmente impellente. 

Se tutte le religioni fanno del progresso dell’umanità il loro obiettivo principale, possono collaborare per la pace mondiale. 
La comprensione ecumenica porterà alla coesione necessaria perché tutte le religioni lavorino insieme. 

Sebbene questo sia un passo importante, dobbiamo ricordarci che non c’è un modo facile o veloce per superare le differenze dottrinali tra le varie fedi, né possiamo sperare di inventarci un nuovo credo universale che soddisfi ognuno. 

Ogni religione dà il proprio contributo specifico e ognuna è a modo suo adatta all'orientamento di un gruppo specifico di individui. 
Il mondo ha bisogno di tutte le religioni. 

Ci sono due compiti principali per chi pratica una religione e ha a cuore la pace mondiale. In primo luogo dobbiamo promuovere una migliore comprensione interreligiosa, così da creare un livello funzionale di unità fra tutte le religioni, in parte raggiungibile con il rispetto delle credenze reciproche e con l’insistenza sull'obiettivo comune del benessere degli esseri umani. In secondo luogo dobbiamo creare un consenso generale su quali sono i valori spirituali fondamentali che toccano ogni cuore umano. 

Queste due azioni ci permetteranno di agire, sia individualmente sia di comune accordo con gli altri, per creare le condizioni spirituali necessarie alla pace mondiale. 

                                                                                                          Dalai Lama

mercoledì 23 novembre 2016

L'importante non è la meta ma il VIAGGIO: Introduzione

 Introduzione

Il viaggio è finito, dopo i festeggiamenti sotto il traguardo con gli amici vado nel locale adibito al ristoro e al riposo degli atleti.




Massimo è già arrivato e ora si sta facendo medicare i piedi. Massimo ha già spostato l’aereo alle 14, pensava di arrivare prima e quindi aveva prenotato il biglietto per la mattina, intanto cerchiamo un passaggio per tornare a Tolosa per prendere l’aereo, con i mezzi non se ne parla non riusciremmo ad arrivare in tempo.
Cerchiamo qualche volontario che debba tornare indietro, ma è quasi mezzanotte e non è così semplice.

Io, un po’ in coma, mangio qualcosa, faccio una bella doccia e poi i test finali con i medici del CNR di Pisa, è stata una comica: continuavo ad addormentarmi mentre mi facevano domande. Finiti i test torno di sotto per cercare Massimo ma non lo trovo, è già andato a dormire. Anch’io cerco un posto per riposare. Philippe mi ha lasciato una tenda dove ho portato i miei bagagli.




Alla mattina verso le 8, mi sveglio e, appena uscito dalla tenda, incontro Massimo che mi sta cercando, ha trovato un passaggio con Renè che deve rientrare a casa, però bisogna fare in fretta se vogliamo arrivare in tempo, così metto tutto in valigia e saluto Catherine e Philippe che sono svegli, tutti gli altri stanno riposando, mi dispiace non poterli salutare di persona ma abbiamo i minuti contati.
Durante il tragitto ci fermiamo più volte agli autogrill per bere un caffè; siamo io e Massimo, Renè e Monique, volontari alla Transpyrenea. Adesso che l’avventura è conclusa ci si può rilassare, l’impegno è terminato e la stanchezza comincia a farsi sentire, pesante come un macigno, anche se, a dire il vero, abbiamo rischiato più la vita in questo trasferimento che a 3000 metri con la bufera.
Alle 12:00 siamo già in aeroporto a Tolosa, l’aereo di Massimo parte alle 14:00, il mio alle 20:30.
Mangiamo qualcosa assieme e poi cerco di mettere a posto valigia e il bagaglio a mano; è un disastro, ho cacciato dentro tutto così alla rinfusa.
Salutato Massimo mi dirigo al mio imbarco, ma durante i controlli del bagaglio a mano mi fermano e fanno arrivare le guardie, mi dicono che ho un coltello all’interno dello zaino.
Io gli spiego che non può essere perché l’ho messo nel bagaglio in stiva, ma mi fanno disfare lo zaino.
Effettivamente, per errore, al posto di mette il coltello nella valigia l’ho messo nel bagaglio a mano, per fortuna sono comprensivi dopo che gli ho spiegato da dove arrivo, e così me lo fanno buttar via senza conseguenze.

Ora al gate ho qualche ora da aspettare e, se non mi addormento, provo a pensare ad un resoconto di questa Avventura.


in attesa all'aeroporto di Tolosa.

Avendo dei problemi di memoria è meglio che scrivo tutte le emozioni, le paure, le gioie che ho vissuto in questi sedici fantastici giorni.